lunedì 25 aprile 2011

Diritti e consapevolezza



I diritti che ci vengono riconosciuti solitamente sono fondati o sulla base di un'autorità divina, o considerando la legge di natura o, infine, tramite l'accordo internazionale di vari stati.
Possiamo disquisire a lungo su quale di queste basi debbono essere riconosciuti, e ognuno di noi avrebbe delle ottime ragioni per proporre un suo proprio modello.

Ma io vorrei focalizzare l'attenzione sulla parola RICONOSCIUTI
Riconoscere deriva dal latino "re-cognoscere" cioè conoscere di nuovo, e già questa mi sembra una buona traccia da seguire.

Il riconoscere un diritto implica tre tipi di considerazioni:
  1. ri-vedere in maniera nuova e re-interpretare un concetto
  2. ri-conoscere e ri-valutare in noi l'oggetto delle nostre attenzioni
  3. estendere tale valutazione a tutti gli altri esseri (umani e a volte non umani)

La prima considerazione è molto importante.
Rivedere qualcosa e reinterpretare un concetto sono attività che possiamo attribuire solo alle funzioni superiori del nostro cervello.
In parole povere significa che, all'interno di strutture già note, riusciamo a scorgere altro che sta al di là di quello che ci abbiamo visto fin'ora.

Un tipico esempio lo possiamo trovare nell'interpretazione di un quadro. Prendiamo ad esempio un quadro risalente al medioevo.
Di solito, ci limitiamo a notare che ci sono figure di santi prive di una tridimensionalità, accompagnate da dei particolari oggetti e adagiate su uno sfondo dorato. E magari, pensiamo che erano in grado di "disegnare" solo come dei bambini.
Ma, se ci viene spiegato il punto di vista medioevale, scopriamo che la mancanza di tridimensionalità è voluta (a indicare il distacco tra la realtà normale e quella divina), che gli oggetti ci indicano chiaramente chi è il santo in questione e per quale motivo è ritenuto santo, e che l'oro è indice del paradiso e dell'aldilà.

Ci si apre, cioè, un MONDO, a cui prima non avevamo accesso e che ci appare ex-novo, espandendo la nostra consapevolezza. E questo cambia il nostro modo di rapportarci ad esso, e, in definitiva, cambia NOI STESSI.
Non saremo più come prima....

La seconda considerazione è, se possibile, ancora più importante.
A questo punto, infatti, è giocoforza riconsiderare il nostro rapporto con la realtà e con la nostra essenza in relazione a quanto "scoperto".

Tornando all'esempio di prima, cosa distingue un prezioso capolavoro da una crosta che può tranquillamente essere usata per accendere un fuoco?
I materiali sono gli stessi, magari anche il contenuto ritratto.
Ma qual'è la differenza tra loro, o tra un quadro autentico e un suo falso perfetto?
Ciò che genera il divario tra i due è il contenuto, cioè quanto di unico l'originale contiene, e che lo rende un capolavoro.
In effetti, solo il capolavoro originale sa esprimere perfettamente il concetto che svela, in quanto lo vive nella dimensione ulteriore che ha generato esso stesso. Imitazioni o copie non possono aggiungere nulla di nuovo all'originale; anzi, spesso e volentieri non captano il livello che esso svela, e con esso hanno il rapporto che c'è tra il dito che indica la Luna e al Luna stessa.
Alle croste, invece, manca completamente la dimensione ulteriore che il capolavoro genera.
Il capolavoro originale a questo punto va conservato, perché è l'unico che possiede il livello di esistenza che prima non percepivamo, e che ci apre un mondo con infinite possibilità.
In definitiva, assorbe in sé la dimensione che svela e la possibilità di sopravvivere anche in quella ulteriore dimensione.

Il fatto di avere una maggiore consapevolezza di noi stessi ci porta quindi a scoprire un grado superiore della nostra essenza, di cui non avevamo coscienza, e ci consente di vivere in esso in una dimensione aggiuntiva.
Se scopriamo in noi qualcosa di più di quello che si percepisce normalmente, da quel momento viviamo ad un livello superiore la nostra esistenza; ciò implica che la nostra realtà attuale non è più quella di prima, e pertanto segue regole diverse dalle precedenti: acquisiamo cioè dei diritti.

La terza considerazione è figlia delle precedenti, visto che ne è una estensione.
In effetti, una volta scoperto qualcosa di nuovo in noi stessi, non è automatico che la stessa cosa valga per gli altri.
Come faccio a sapere che gli altri sono come me, e che quindi hanno gli stessi miei diritti? Come posso capire che un'altro essere umano esiste nella dimensione aggiuntiva? Per estendere le regole che valgono per chi vive nella dimensione aggiuntiva, basta essere in grado di viverci, anche se non la si è ancora scoperta?

La risposta a queste domande è cruciale. 
Stante quanto sopra, se decido che gli altri non sono come me, se non sono in grado di vivere nella dimensione aggiuntiva o se non vogliono viverci, automaticamente non hanno i miei diritti. Sono condannati a vivere in un livello inferiore di esistenza, e addirittura posso disporre di loro come più mi piace, in virtù della mia superiorità.
E' il tipico ragionamento che spingeva e spinge re, nobili, ricchi, razzisti, nazisti ecc. ad utilizzare a loro piacimento tutte le persone che li circondano.
Inevitabilmente, il senso di superiorità (reale  o fittizia che sia) porta l'uomo a schiacciare un'altro uomo, proprio in virtù di delle considerazioni appena fatte.

E' evidente, però, che le differenze tra gli esseri umani non sono tali da giustificare tale atteggiamento.
Oggi lo possiamo sostenere con forza, visto che siamo in grado di confrontare perfino l'intimo delle nostre sequenze genetiche. Anzi, in considerazione delle ultime scoperte, possiamo estendere i diritti anche a quelle specie animali che prima consideravamo inferiori.
Ma sia per chi non possiede queste conoscenze (nostri contemporanei, che potrebbero possederle ma non le cercano o le ignorano deliberatamente), sia per i nostri antenati che non potevano possederle, questo non è e non era così automatico.
L'unico modo per sostenere che anche gli altri hanno diritto ai diritti (scusate il gioco di parole), in mancanza di altre prove, è di appellarsi a comuni di origini.
Una cosa che, in mancanza di prove scientifiche, si può raggiungere tramite l'autorità divina o le leggi di natura o l'accordo comune.
E qui, si ritorna all'inizio del post...

Ultime considerazioni: 

Da quanto sopra, è evidente che la nascita del Diritto (cioè dell'insieme di leggi che regolano la vita comune) indica un salto enorme della nostra consapevolezza e della nostra intelligenza.
Non solo: la nascita del diritto comporta anche la nascita del RISPETTO, che ha fondamenta nel riconoscere il nostro diritto a godere di certi requisiti indispensabili, e che altro non è che il creare le condizioni adatte alla nostra vita nella dimensione superiore che ci accomuna.

Chi non ci riconosce un diritto, quindi, non ha compiuto il viaggio attraverso le tre considerazioni sopra, nega che siamo uguali a lui e ci manca di rispetto. 
Paradossalmente, tutto ciò lo mette in condizione di non essere più degno di fruire di tali diritti, visto che tutto ciò gli nega l'accesso alla dimensione di vita superiore.....

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